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“Ghost Kitchen”, come cambia la ristorazione al tempo del coronavirus

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11 Aprile 2020

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[vc_row][vc_column][vc_column_text]Uno dei settori che sta avvertendo in maniera sensibile i contraccolpi della diffusione del Coronavirus è, indiscutibilmente, quello della ristorazione. Il lockdown conseguente all’emergenza sanitaria ha portato danni ingenti, che, tuttavia, non tolgono agli imprenditori il desiderio di resistere. Così la ristorazione cambia e si affida al digitale: il futuro (almeno per il momento) sembrano essere le ghost kitchen.

I ristoranti fantasma (detti anche cloud kitchen) non sono un’invenzione di questo tempo disastrato, ma stanno diventando una vera e propria opportunità per portare avanti un settore in profonda sofferenza. Nascono come cucine senza coperti, sale o servizi, che consegnano solo a domicilio. Una soluzione reale, che potrebbe per altro compensare le difficoltà che ristoranti, fast food e similari dovranno fronteggiare nella Fase Due.

La crisi della ristorazione a causa del Covid-19

Ma andiamo per ordine. Abbiamo già accennato alla drammatica situazione che la diffusione Covid-19 ha generato nel settore ristorazione. I dati sono, effettivamente, sconfortanti. Stando alle analisi del Cna, che ha elaborato delle stime per il primo semestre del 2020, il settore ristorazione perderà oltre 7 miliardi. A fronte dei 10 miliardi incassati nel 2019, nel 2020 sono previsti introiti per soli 3 miliardi.

E non è tutto qui. L’intero settore del turismo (che da solo genera circa il 12% del Pil italiano) è destinato a subire danni ingenti: ristoranti e alberghi che nel 2019 hanno fatturato 37,8 miliardi di euro vedranno ridurre i guadagni del 44,1%. Nella fattispecie, la ristorazione registra una contrazione di 8,8 miliardi pari a -37,9%.

ristorante chiusoAnche guardando alla fase post-emergenza sanitaria, non ci si aspetta imminenti segnali di ripresa. Al contrario, gli adeguamenti alle nuove norme per il distanziamento sociale e le innovazioni relative a sistemi di igienizzazione e sanificazione all’avanguardia, porteranno la ristorazione a fronteggiare nuove spese, probabilmente onerose.

Le ghost kitchen potrebbero, pertanto, diventare la soluzione per aggirare l’ostacolo. Oltre a essere una soluzione per chi vuole avviare un’attività nel settore ristorazione, potrebbe anche porsi come soluzione alternativa, per limitare i danni in attesa di tempi migliori.

A Milano nasce “Via Archimede, Gastronomia di Quartiere”

Uno degli esempi di ghost kitchen in tempi di coronavirus è “Via Archimede, Gastronomia di Quartiere” a Milano. Nell’ottica di un futuro incerto, l’imprenditore Luca Guelfi ha deciso di investire nella cucina fantasma, che pur essendo un format già esistente nella penisola, non aveva preso campo in modo capillare.

cucina ristoranteLe ghost kitchen hanno bisogno di un solo elemento fondamentale: la cucina. Guelfi, nella fattispecie, ha deciso di acquistare attrezzature da ristorante di alta qualità per creare un punto di riferimento della cucina rustica e casalinga. “Via Archimede, Gastronomia di Quartiere” conterà su due chef e una serie di fattorini, che consegneranno a domicilio piatti tipici della cucina meneghina e italiana.

Il menu si rinnoverà mensilmente, basandosi su verdure e ingredienti stagionali, sempre freschi. I costi delle pietanze saranno in linea con quelli dei concorrenti “fisici” e la consegna sarà gratuita. Va da sé che, non fronteggiando i costi d’arredamento, coperti e personale specializzato, l’impresa di Guelfi ha tutte le carte in regola per resistere agli urti, adeguandosi ai tempi.

Distanziamento sociale: la ghost kitchen come alternativa?

L’apertura di “Via Archimede, Gastronomia di Quartiere” fa riflettere sulle concrete possibilità di futuro per il settore ristorazione. Ferma restando l’alternativa legata al delivery, adottata attualmente da molti ristoranti, quella delle ghost kitchen è una strada innovativa per molte ragioni.

In primis, si tratta di un investimento low-budget se non si opta per attrezzatura altamente specializzata. Poi, è una risposta concreta al distanziamento sociale. L’assenza d’apertura al pubblico non richiede, infatti, l’adeguamento al metro di distanza che andrebbe assicurato da persona a persona né tanto meno la sostituzione dei tavoli 80×80, comuni nei ristoranti ma ormai impossibili da usare.

Lo stesso vale per il contingentamento dei tempi: un sistema che conta solo sul domicilio non porterà gli imprenditori a dover pressare i clienti per far sì che consumino il pasto nei tempi previsti per non creare affollamenti. Ma non solo: se si guarda all’esempio degli USA, una sola ghost kitchen può rispondere alle esigenze di diverse utenze. Qui entra in gioco il concetto di versatilità e adattabilità, che tanto vanno d’accordo con la resilienza.

L’unica cosa che occorre tenere presente è che al contrario dei ristoranti fisici, una ghost kitchen non ha vetrine reali sul pubblico. Questo significa che per promuovere l’attività occorre creare una vetrina digitale, affidandosi a esperti della comunicazione che possano realizzate un sito web funzionale, con sistema di pagamento implementato.

Il sito web deve contare su una grafica accattivante, con una parte dedicata al menu chiara e un sistema di ordinazione pratico e veloce. Al sito web va affiancata anche un app altrettanto veloce e funzionale, per consentire di ordinare da smartphone e pagare sempre in maniera digitale. Infine, una ghost kitchen deve necessariamente contare su una valida strategia di social media marketing, che incuriosisca gli utenti e li spinga a provare.[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row]

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