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Clubhouse, caratteristiche del primo social audio

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16 Novembre 2021

Indice dei contenuti

Come funziona Clubhouse, le principali caratteristiche

Se dovessimo limitarci a descriverlo in modo semplice e diretto, potremmo semplicemente dire che Clubhouse è un social media basato sui live audio.  Ai suoi esordi, nello specifico, Clubhouse si descriveva come “un social innovativo, basato sulla voce, che consente alle persone di tutto il mondo di parlare, raccontare storie, sviluppare idee, approfondire amicizie e incontrare persone interessanti”.

Di fatto, Clubhouse è molto di più: è stato il primo social a escludere immagini e video, fino a quel momento ritenuti il mezzo espressivo più potente del web 2.0, e a puntare sullo scambio audio in tempo reale, una specie di via di mezzo tra il podcast e il messaggio vocale.

L'app Clubhouse

Il suo modo di funzionare è elementare, e anche questo è stato un suo punto di forza. Una volta fatto l’accesso all’app, agli utenti viene presentato un elenco di stanze virtuali a cui unirsi, riguardanti argomenti di diversa natura (c’è praticamente tutto ciò che si possa immaginare).

All’interno di ogni stanza si trova un piccolo gruppo di relatori, mentre il resto degli utenti fanno da pubblico. Unendosi, gli utenti ascoltano la conversazione in corso e possono decidere di entrare e uscire quando lo preferiscono. In alcuni casi possono anche intervenire, usando un apposito tasto per “alzare la mano“.

Il boom del 2020 ed il progressivo declino

Ci sono diverse ragioni per cui Clubhouse è letteralmente esploso, lo scorso anno. La prima riguarda il momento in cui è uscito: questo social è stato lanciato durante la fase più dura della pandemia globale scatenata dal COVID-19, nel mese di aprile 2020.

Per via dei vari lockdown in tutto il mondo, dunque, la risposta al lancio è stata immediata. Parlare con qualcuno in questo era un’alternativa allettante rispetto all’uso di Instagram, Twitter e Facebook. Perché? Perché consentiva da una parte un approccio personale e dall’altro, non dovendoci mettere la faccia, un certo mantenimento della privacy.

Un’altra ragione è stata l’esclusività. In prima battuta, Clubhouse funzionava solo su iOS (dunque su iPhone) e poteva accedere all’app solo chi aveva ricevuto l’invito. Chi riusciva a entrare aveva a disposizione solo cinque inviti, una sorta di selezione all’ingresso.

Selezione “dovuta” se si pensa che, specie all’inizio, Clubhouse ha puntato anche sulla presenza di creator e influencer famosissimi, con cui i fortunati possessori di invito potevano interagire. Ciò che ha scatenato una vera e propria corsa all’accesso. Addirittura, sono nati gruppi specifici su Facebook per vendere (ebbene sì) gli inviti, che rappresentavano comunque merce rara.

Nel corso del 2021, però, c’è stata un’inversione di tendenza. Nonostante l’approdo su Android, la fama di Clubhouse è velocemente scemata. Stando a Business Insider, i numeri della start-up stanno calando su tutta la linea: c’è un numero sempre minore di registrazioni, ci sono sempre meno utenti che scaricano l’app (su iOS sono scese dai 9.6 milioni di febbraio a 1 milione e mezzo a novembre).

A cosa è dovuto questo progressivo declino? In primis all’effetto boomerang dell’esclusività. Se all’inizio si trattava di un elemento accattivante, la ricerca di invito si è trasformata prima in sfiancante per moltissimi utenti (specie considerando che i creator coinvolti erano sempre meno famosi). Poi è divenuta semplicemente banale, perché essendo ormai tantissimi gli utenti coinvolti, è divenuta semplicemente una formalità.

Un altro problema, come riportato da Wired, era la qualità audio. Sì, proprio quello che doveva essere il punto di forza di Clubhouse. Un punto di forza venuto a mancare quando i vari relatori hanno iniziato a parlare anche mentre si trovavano fuori a passeggiare, in locali rumorosi, avendo un segnale scadente o un microfono difettoso. In un app audio-first ciò è risultato stridente e, per certi versi, avvilente.

Infine, per molti utenti Clubhouse è diventato un social più professionale che divertente. Un luogo, insomma dove fare conferenze con i colleghi o partecipare a panel con i professionisti, più che uno spazio all’interno del quale divertirsi. Tutti questi elementi hanno portato a un lento abbandono del social e a una curiosità discendente nei confronti delle nuove funzioni.

Le nuove funzionalità di Clubhouse

Sì, perché nel corso del 2021 Clubhouse ha introdotto anche delle nuove funzioni. I primi update dell’anno hanno implementato Universal Search,  che consente di cercare e trovare persone, gruppi e room in modo rapido, e Clips, che permette di condividere segmenti di pochi secondi (massimo 30) delle varie stanze per condividerle sugli altri social.

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Di recente, poi, Clubhouse ha introdotto Replay, che di fatto trasforma le stanze in podcast. Sì, perché Replay consente di riascoltare quanto detto nelle stanze in qualsiasi momento. E non solo: permette anche di selezionare gli speaker più amati all’interno di quella specifica Room e di ascoltare i loro interventi più interessanti.

Insieme a Replay, inoltre, è stata lanciata la funzione Total Attendee Count, che fa sì che i creator possano vedere il conteggio totale di tutte le persone che sono entrate in una specifica Room. Nelle ultime settimane, Paul Davison e Rohan Seth, creatori della startup, hanno annunciato che arriveranno presto nuove modifiche. E, cosa più importante, che l’app non sarà più accessibile solo su invito, ma aperta a tutti. Un cambio di rotta importante, che deriva da un’importante spinta: quella della concorrenza.

Come gli altri social media hanno imitato Clubhouse

Il successo di Clubhouse è stato come una scossa per gli altri social media, che hanno cominciato a guardare al digital audio in modo diverso. Il primo a comprenderne la portata e le opportunità è stato Twitter, che nei primi mesi del 2021 ha lanciato Space, che ricalca il funzionamento di Clubhouse aggiungendo, però, l’opzione chat per inserire eventuali tweet di risposta.

Poco tempo dopo è stata la volta di Facebook, che ha lanciato prima le Room audio e poi Hotline, che pur basando tutto sulla voce in diretta, permette a chi parla di fare anche brevi streaming video e agli utenti di commentare liberamente.

L’ultimo colosso, in ordine di tempo, che pare voler imitare Clubhouse è Amazon. L’impresa di Jeff Bezos, infatti, starebbe lavorando a Project Mic, forse il più ambizioso tra tutti i “cloni”, perché permetterebbe di streammare anche brani musicali e baserebbe le proposte ai singoli utenti sulle preferenze espresse su Amazon Music, Amazon Prime Video e Kindle.

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