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Storie di marketing: Blockbuster, rivoluzione e declino di un brand

Blockbuster una storia di marketing
27 Gennaio 2022

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La storia di Blockbuster, la nascita del colosso del noleggio

Blockbuster è una compagnia americana nata nel 1985 a Dallas, Texas, dall’idea dell’imprenditore David Cook dopo il fallimento della sua precedente azienda, la Cook Data Services, che si occupava di fornire software e applicazioni informatiche alle imprese del settore energetico.

Il termine blockbuster significa letteralmente “che fa scoppiare un isolato”, e veniva utilizzato durante la guerra per indicare bombe di grandi dimensioni; nel contesto dell’azienda, si riferiva all’abbattimento della concorrenza.

Cook aveva fatto pienamente centro con la scelta del nome, considerando l’enorme successo che gli store Blockbuster riscuotono in tutti gli Stati Uniti. Il numero dei negozi crebbe così a dismisura che nel 1987 Cook vendette un terzo della società alla Waste Management Inc. per più di 18 milioni di dollari. A causa dei continui screzi con uno degli investitori, Wayne Huizenga, Cook lascia la società solo 5 mesi dopo.

Sotto la guida di Huizenga l’espansione dei negozi Blockbuster continua ad avanzare: conta almeno 700 negozi e acquisisce anche diverse aziende concorrenti, aggiudicandosi il monopolio nel settore.

Nel 1994 l’azienda passa a Viacom, la quinta azienda di mass media del tempo: questo passaggio segna anche l’addio di Huizenga e quelli che molti definiscono l’inizio della fine per la catena Blockbuster.

Blockbuste

I punti di forza di Blockbuster

In un’era in cui le piattaforme di streaming non erano ancora neanche un’idea, Blockbuster forniva senza dubbio un servizio innovativo ma che contava comunque già dei competitors nel campo.

Quali erano quindi le differenze che rendevano Blockbuster la prima scelta dei consumatori?

Qui vediamo le scelte di marketing fatte dal brand. Innanzitutto, i punti vendita Blockbuster erano molto più grandi di quelli degli altri competitor e di conseguenza fornivano più possibilità di scelta. Inoltre, le loro videocassette e poi dvd venivano esposti sugli scaffali in modo che i clienti potessero vederli fisicamente, mentre gli altri negozi li tenevano sul retro. Questo permetteva ai clienti di avere un contatto diretto col prodotto che poi avrebbero portato a casa.

David Cook, inoltre, prese anche la decisione di non inserire nel proprio catalogo i film per adulti, mantenendo così una scelta di comunicazione che puntava ad un pubblico ampio e variegato.

Nei primi anni 2000, la catena ampliò la propria offerta inserendo anche i videogiochi nel proprio catalogo.

Blockbuster fu anche il primo negozio ad introdurre un sistema informatico per gestire i noleggi, lanciando anche un nuovo servizio grazie al quale i clienti potevano ricevere i film noleggiati direttamente a casa per posta.

Espandendo il loro servizio online, Blockbuster avviò un programma di iscrizione che permetteva a coloro che si iscrivevano di poter noleggiare un numero illimitato di film; in più cancellarono la penale da pagare in caso di ritardo nella restituzione del dvd. Era una mossa di marketing che li poneva senza dubbio in vantaggio rispetto ai loro competitor.

In America, Blockbuster decise di portare avanti una strategia di marketing incentrata sui quartieri e sulle esigenze specifiche che ognuno di questi aveva: per esempio, se un quartiere era particolarmente popolato da bambini, lo store di quel quartiere avrebbe avuto una sezione molto fornita di film per bambini.

È importante sottolineare come Blockbuster non offriva soltanto il servizio di noleggio, ma offriva un’esperienza a 360°: il negozio, oltre ai film, vendeva anche snack e gadget, che ti permettevano di poter trasformare la tua serata in una vera e propria serata al cinema a domicilio.

Il declino di Blockbuster, cosa è andato storto

Nonostante Blockbuster si teneva apparentemente al passo coi tempi, qualcosa non è andato nel verso giusto.

L’idea di aprire più negozi possibili in più zone possibili aveva come obiettivo quello di raggiungere una fetta di mercato più ampia e, di fatto, così è stato. Dall’altro lato, però, i costi sostenuti per l’apertura di questi negozi non venivano recuperati del tutto con il noleggio e la vendita dei prodotti e questa strategia si dimostrò inefficace. A lungo andare, Blockbuster si ritrovò con 1 miliardo di debiti che non riusciva ad estinguere.

Inoltre, Blockbuster decise di ampliare il catalogo delle nuove uscite limitando quello dei classici: senza dubbio qualcosa nella comunicazione con i clienti era andata storta, in quanto questi continuavano a voler vedere anche i film più vecchi e si ritrovavano così a corto di copie da poter noleggiare.

E, di sicuro, l’aumento dei prezzi di noleggio fu un altro dei motivi per cui gli appassionati di cinema iniziarono a preferire i competitor.

Da considerare, sono anche le occasioni sprecate: possedendo una mailing list di clienti, Blockbuster possedeva conseguentemente una serie di dati che avrebbe potuto utilizzare per svolgere una strategia di e-mail marketing mirata, avviando una campagna di comunicazione in base agli interessi dei clienti. Ma ciò non fu mai messo in atto.

È d’obbligo, quando si parla del declino di Blockbuster, nominare Netflix e le piattaforme di streaming in generale. L’avvento dell’on demand e l’evoluzione dello streaming in servizi a pagamento che permettono di avere migliaia di contenuti a portata di clic ha messo in crisi tutto il settore di noleggio dei dvd, impattando ovviamente anche Blockbuster.

Ed è nel 2000 che Blockbuster e il suo CEO del tempo, John Antioco, faranno l’errore che li porterà a chiudere i battenti definitivamente. Reed Hastings, il co-fondatore di Netflix, si era infatti offerto di vendere l’azienda a Blockbuster per 50 milioni di dollari ma Antioco, pensando che quel settore non avesse futuro, rifiutò.

Dopo anni in cui l’azienda era stata un passo avanti ai tutti i suoi competitor, adesso aveva fatto un passo indietro fatale che, insieme al resto dei motivi per cui l’azienda si trovava già in crisi, portò alla chiusura di tutti i punti vendita Blockbuster.

Blockbuster negozio

Blockbuster oggi

Eppure, Blockbuster non è del tutto scomparso: oggi, l’ultimo negozio Blockbuster al mondo si trova a Bend, in Oregon. La domanda “come mai è ancora aperto?” sorge spontanea e la risposta è immediata: nostalgia.

In un’era completamente digitalizzata e in cui basta accendere la televisione per avere migliaia di film a disposizione, l’idea di entrare in un negozio e scegliere un dvd dagli scaffali è qualcosa che riporta indietro nel tempo e che fa leva sui sentimenti nostalgici degli anni ‘90 e dei primi 2000 che probabilmente tutti coloro che li hanno vissuti hanno provato, almeno una volta. È una tecnica di nostalgia marketing portata avanti da Oreo che ha acquisito l’ultimo negozio di Blockbuster. Un’azione sempre più frequente nelle campagne di comunicazione delle aziende.

Inoltre il negozio vende anche gadget e merchandising del brand Blockbuster, attirando anche turisti da tutti gli Stati Uniti e non solo. Per un periodo è stato anche possibile affittare delle stanze Airbnb a tema anni ‘90 in cui guardare i film noleggiati.

Ultimamente, il brand Blockbuster è stato mira di comunità di investitori chiamate Dao (decentralized autonomous organization), che lavorano mediante tecnologia blockchain, e che vogliono puntare a inserire Blockbuster tra i futuri servizi del metaverso.

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