Da pochi giorni sono ricomparse, negli oltre 680 punti vendita della catena in Italia, le famose sneakers Lidl. Anche questa volta, come già successo lo scorso autunno, si sono verificate code e qualche ressa per accaparrarsi l’oggetto del desiderio.
Queste scene hanno nuovamente suscitato, in molti, sentimenti diversi tra lo stupore e la forte disapprovazione. Queste le domande ricorrenti: come è possibile che delle scarpe, da molti giudicate brutte, siano andate a ruba? È normale che in tempo di pandemia la gente si assembri per acquistare un paio di scarpe? Questa corsa all’acquisto è stata generata solo dal prezzo basso? Prezzo basso in negozio ma online sono arrivate a costare fino a 3.000 €, come è stato possibile tutto questo? La gente è impazzita?
Ho letto diverse risposte, per lo più di pancia, a queste domande. La vicenda in sé non dovrebbe destare troppo stupore perché quanto avvenuto risponde a logiche e regole del marketing che si studiano e si applicano da anni.
I 5 fattori essenziali che spiegano il fenomeno
Ho individuato 5 fattori essenziali che spiegano il fenomeno.
Il brand è alla base di tutto, la strategia di Lidl
Se qualche imprenditore pensa che basti replicare strategie uguali o simili con lo stesso successo si illude. E sbaglia anche chi pensa che tutto dipenda dalla grandezza dell’azienda e dal suo fatturato (sono certamente elementi importanti ma non bastano). Operazioni del genere si possono fare solo se abbiamo creato un brand. Un brand non si costruisce in pochi mesi.
Una marca (la giusta traduzione in italiano) è qualcosa di tangibile e soprattutto di intangibile. È la ragione per cui una persona è disposta a pagare di più per un prodotto o servizio rispetto ad un altro, a parità di qualità e attributi. Questo è avvenuto quando, a scorte esaurite nei punti vendita, le scarpe sono state comprate online a prezzi esorbitanti (reselling). Per Philip Kotler un brand è “tutto ciò che un prodotto o servizio rappresenta per i consumatori”.
Solo un brand può mobilitare masse di persone/consumatori. Lidl è un brand.
Che idea abbiamo del brand Lidl? Qual è stata la sua strategia di brand positioning?
Basta osservare l’evoluzione di questo brand (il nostro focus ovviamente è l’Italia). La catena tedesca, arrivata in Italia negli anni ‘90, potenzialmente potrebbe essere vista come un classico discount che vende prodotti tendenzialmente scarsi a prezzi bassi. Difficilmente qualcuno può vantarsi di scegliere un discount. Eppure il marketing di Lidl ha costruito un’altra idea di brand: nel 2006 è il primo discount in Italia ad inserire il marchio di commercio equo e solidale “Fairglobe”, nel 2010 introduce la linea “Italiamo” che racchiude eccellenze gastronomiche Made in Italy; nel 2013 lancia la campagna “Anch’io” con il claim “Non cambiare stile di vita, cambia supermercato”. Oltre al cibo Lidl ha continuamente introdotto altri prodotti (da cucina) fino ad arrivare alla creazione di una vera e propria agenzia di viaggi (Lidl Viaggi). Il filo conduttore è sempre la possibilità per i consumatori di poter comprare prodotti buoni (non scarsi modello discount) a prezzi convenienti. Questa è stata la campagna di persuasione dietro ogni azione di marketing.
Anche la scelta di diventare sponsor della Nazionale italiana di calcio ha dato un’idea di un brand di qualità. La creazione della linea Lidl Fan Collection è stata solo l’ultima tappa di un percorso che ha reso questo brand non accostabile alla vecchia idea di hard discount.
Scrive provocatoriamente Gary Vaynerchuk: “Le più grandi aziende non vendono. Sono brand”.
La creazione di uno “statement piece”
Sono brutte ma hanno successo, perché? Per rispondere a questa domanda dobbiamo considerare che, già da qualche anno, il mondo della moda (vedi Gucci e Balenciaga) ha introdotti i cosiddetti “statement piece” cioè dei prodotti il valore non è dato dalla qualità o bellezza (per quanto sia soggettiva) ma dalla provocazione.
Un capo o un accessorio “statement piece” deve attirare l’attenzione e differenziare il nostro look. Lidl ha in qualche modo rivoluzionato l’approccio dei grandi brand del settore fashion creando uno “statement piece” accessibile a tutti, che si trova a poco prezzo e negli scaffali di un discount. Una evidente provocazione che trasforma delle sneakers economiche quasi in pezzo di “alta moda” (vedi prezzi alle stelle sul web). C’è chi vede in questa dinamica una sorta di “etica della povertà” (Jacopo Bedussi).
Le scarpe Lidl, indossate dagli influencer, diventano indispensabili per chi vuole vuole stare al passo con la moda e le tendenze del momento.
La campagna di social media marketing
Per capire il perdurare del successo delle scarpe Lidl dobbiamo considerare alcuni passaggi avvenuti nei mesi scorsi. Il fenomeno, prima di arrivare in Italia, si è sviluppato negli altri Paesi europei.
In Germania, dove tutto è iniziato, Lidl ha organizzato la scorsa estate una sorta di contest che dava la possibilità ai ragazzi di vincere la calzatura in edizione limitata (la cosiddetta scarcity selling su cui tornerò) facendosi un selfie mostrando le scarpe e condividendo la foto sui social. Senza quasi costi pubblicitari, Lidl ha creato eventi nei punti vendita dove i clienti sono diventati i loro testimonial sui social. Un’operazione già vista molte volte che, tuttavia, questa volta è stata amplificata da due fattori: 1) Lidl è ormai un Brand Lover, come ho già spiegato, quindi in tanti volevano indossare il loro merchandising; 2) I colori sgargianti ed il fatto che molti abbiano giudicato brutte le scarpe ha avuto come effetto la produzione di migliaia di meme e GIF.
In pochi giorni le scarpe sono diventate virali sui social e, di conseguenza, uno “statement piece”.
Scarcity selling e riprova sociale
Anche qui nulla di nuovo sotto il sole. Robert Cialdini già nei primi anni ‘80 spiegava queste dinamiche nel suo libro “Le armi di persuasione”. Lidl, dopo avere messo la strategia di social media marketing, ha volontariamente limitato al massimo le forniture di scarpe nei punti vendita generando l’effetto scarsità e di conseguenza la corsa isterica all’acquisto. Più un bene scarseggia, più le persone ne sono attratte, spiega Cialdini. E sempre lo psicologo statunitense ha teorizzato il fenomeno della riprova sociale: se molte persone fanno la medesima azione, in questo caso comprano le scarpe Lidl, crediamo istintivamente che sia giusta. Siamo portati quindi a farlo anche noi “seguendo la massa”.
Possiamo quindi affermare che le azioni di marketing e comunicazione di Lidl sono state pensate per genere questi due meccanismi.
Un sofisticato codice di persuasione
Infine, ma non ultimo per importanza, c’è un fattore ancora più nascosto che ha provocato la corsa all’acquisto delle sneakers Lidl. Dobbiamo andarlo a cercare nel campo del neuromarketing. Questo prodotto, sia per alcune caratteristiche intrinseche che per i messaggi generati dal marketing, genera gli stimoli primitivi classificati da Christophe Morin e Patrick Renvoisé nel libro “Il codice della persuasione”.
Vediamoli brevemente questi sei stimoli che attivano il nostro “cervello primitivo” cioè il principale responsabile delle nostre scelte d’acquisto:
- Personale: siamo esseri egoisti ed egocentrici, mettere in risalto la minaccia concreta (scarcity selling) di non avere l’oggetto del desiderio tutto per sé (le scarpe) ci porta ad azioni anche irrazionali;
- Confrontabile: il cervello primitivo non vuole perdere tempo nel prendere decisioni impegnative e per questo vuole benefici chiari e facilmente paragonabili. Le scarpe Lidl puntano tutto su un prezzo imbattibile che spazza via qualsiasi confronto;
- Tangibile: rendere una cosa tangibile per diminuire lo sforzo cognitivo. Le scarpe indossate da persone comuni e influencer e diffuse in maniera martellante sui social;
- Memorabile: il messaggio deve essere semplice da ricordare e senza sforzo. Di tutta la vicenda delle scarpe Lidl non sappiamo nulla (almeno in maniera immediata) delle caratteristiche del prodotto, dei valori del brand ed altro. Rimane nel nostro cervello la memoria dell’eccezionale e strano successo che ci induce all’acquisto. Per scomodare la parte del cervello cosiddetta razionale dobbiamo leggere articoli “cervellotici” come questo;
- Visivo: il canale visivo può accelerare le decisioni. I colori hanno un grande potere di persuasione sul nostro cervello primitivo. Il mix di colori delle scarpe (rosso, giallo, blu) assolutamente unico rendono il prodotto immediatamente riconoscibile e diverso dagli altri;
- Emotivo: le emozioni influenzano tutte le nostre decisioni. Attraverso il processo di cui abbiamo parlato, il desiderio di possedere delle scarpe Lidl diventa una emozione fortissima da soddisfare.
In definitiva, il successo delle scarpe Lidl è un vero e proprio caso di studio. Davanti a questi fenomeni, soprattutto per chi si occupa di marketing e comunicazione, è necessario non dare mai giudizi affrettati e sforzarsi di far tesoro della vasta letteratura del settore, l’unica che (insieme all’esperienza sul campo) può fornire validi strumenti interpretativi.