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Marketing e Coronavirus, il caso delle aziende che riconvertono per produrre mascherine

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16 Marzo 2020

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[vc_row][vc_column][vc_column_text]In tempi oscuri è sempre l’ingegno a portare un po’ di luce. Ne è esempio lampante il circolo virtuoso in atto in Italia che, in questo momento di emergenza Coronavirus, vede non solo crescere le aziende che hanno deciso di concentrarsi sull’e-commerce ma anche quelle che puntano sulla riconversione industriale.

L’obiettivo primario della riconversione è cambiare core business per riemergere. Nel caso italiano, si gioca tutto sulla produzione di mascherine, divenuta un vero e proprio esempio di quello che si può definire come marketing di resilienza, necessario per fronteggiare anche l’allarmante infodemia che ha rischiato di mettere in difficoltà piccole, grandi e medie imprese mettendo in circolo notizie non verificabili e invadendo ogni settore della comunicazione.

Cos’è la riconversione industriale

Ma cosa si intende per riconversione industriale? Si tratta di un concetto di marketing tanto semplice nella teoria quanto complesso da attuare nella pratica. Come abbiamo già accennato, per parlare di riconversione industriale l’impresa deve cambiare core business: questo significa produrre e mettere in commercio beni o servizi differenti da quelli prodotti fino al momento della riconversione.

In ottica contemporanea, la riconversione industriale in Italia è dettata dall’alto numero di contagi da Covid-19. L’elevato rischio di trasmissione ha portato a una richiesta crescente di dispositivi di protezione individuale, in primis di mascherine in tessuto stratificato.

E se da una parte il boom delle domande di “mascherina Coronavirus” ha portato a veri e propri episodi di sciacallaggio, dall’altro ha dato la spinta a imprenditori e aziende che, coniugando il desiderio di proattività a comprovate strategie di marketing, si sono reinventate.

marketing e coronavirus 5

Montrasio, da azienda tessile a produttrice di mascherine

Apripista della riconversione industriale in tempi di Coronavirus è stata l’impresa lombarda Montrasio Italia. I titolari, Luca e Emma Montrasio, hanno realizzato che le mascherine tanto richieste si producevano, ormai, solo in Cina. Da qui la scelta di trasformare la loro azienda specializzata nel settore tessile per la pulizia industriale in produttrice di mascherine made in Italy.

Una strategia di marketing eccellente: Montrasio ha fatto delle produzione di questi dispositivi di protezione un vero punto di forza, tanto da divenire l’azienda di mascherine di riferimento nazionale. Dopo aver effettuato diversi studi e aver investito in nuovi macchinari, Montrasio riesce a produrre oltre un milione di mascherine al giorno.

Miroglio, dall’alta moda alle mascherine

Quasi a rispondere alla pericolosa diffusione del Coronavirus, anche l’idea di Montrasio ha “contagiato” altre imprese. Una di queste è l’azienda tessile Miroglio, uno dei maggiori atelier di tessuti d’alta moda d’Italia. Sita a Cuneo, la Miroglio ha deciso di produrre mascherine in tempi rapidi dopo la richiesta del Presidente della Regione Piemonte, Alberto Cirio.

Il team di Miroglio ha saputo reinventarsi facendo leva su quello che è, forse, il più grande dei punti di forza di ogni impresa: l’esperienza dei suoi lavoratori. L’amministratore delegato Alberto Racca ha riunito tutti i talenti della sua squadra ed è riuscito, nel giro di pochissime ore, a realizzare un prototipo ad hoc.

Miroglio ha fatto una precisa scelta di marketing: ha deciso di realizzare le sue mascherine con cotone STEFF ed elastane e di trattarle con materiale idrorepellente. Cosa significa? Che, a regime, metterà in commercio centomila mascherine lavabili. Attualmente, questi dispositivi di protezione sono destinati solo alla Regione Piemonte, ma non è escluso un ampliamento della produzione.

GDA, dagli abiti per gli Oscar alle mascherine

Miroglio non è, però, l’unica impresa specializzata in alta moda e fashion a fare una scelta di riconversione industriale. Anche GDA ha infatti deciso di produrre mascherine. Questa officina tessile con sede a Galatina è il punto di riferimento di marchi come Gucci e Ralph Lauren, e ha curato gli abiti di star del calibro di Nicole Kidman, Billie Eilish e Lady Gaga, oltre che la famosa tutina di Achille Lauro indossata a Sanremo 2020.

Attualmente, il titolare dell’azienda, Pierluigi Gaballo, ha deciso di fabbricare mascherine in TNT (tessuto non tessuto). Momentaneamente la produzione è limitata ai galatinesi e le mascherine non vengono vendute ma donate. Tuttavia, l’azienda si dedica alla loro produzione alacremente, tutto il giorno, e si pensa a un incremento nelle prossime settimane.

BC Boncar, dal packaging luxury alle mascherine

Anche BC Boncar, azienda di Busto Arsizio specializzata in packaging di lusso, si sta muovendo nell’ottica della riconversione industriale. L’azienda è molto piccola: formata da dodici persone compresi i titolari Paolo Bonsignore e Anna Laura Carella, ha finora servito aziende come Hugo Boss, H&M e Louboutin.

Nelle ultime settimane, BC Boncar produce mascherine per ospedali e amministrazioni. La ditta riesce a realizzarne 2.500 al giorno e cerca di venire incontro alle esigenze delle aree del varesano più bersagliate dal Coronavirus.

La Coccato&Mezzetti di Galliate torna a produrre dopo 15 anni

Riconversione industriale non significa solo stravolgere la produzione ma anche riscoprirne di vecchie. Esemplare è la scelta di marketing dell’azienda manifatturiera Coccato & Mezzetti, con sede a Novara, tornata a creare mascherine dopo ben quindici anni di fermo dovuti all’elevata competitività del mercato cinese.

L’amministratore delegato Fabiano Coccato ha deciso, insieme al resto del team, di riattivare due linee di produzione: una, appunto, dedicata alle mascherine anti coronavirus e una alle tute monouso. L’azienda lavora a ciclo continuo per portare sugli scaffali e negli ospedali del novarese dispositivi che rispettano tutti gli standard e le normative richieste dal Ministero della Salute.

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Gli aiuti dello Stato per chi produce mascherine

Al momento, il commissario per l’emergenza Angelo Borrelli ha affermato che l’Italia necessita di ben 90 milioni di mascherine al mese.  A spingere verso una maggiore produzione di mascherine è anche lo Stato, che sta cercando di incoraggiare le aziende sul territorio per mezzo di un decreto in procinto di approvazione.

Il decreto in oggetto prevede due soluzioni. Il primo è lo stanziamento di 50 milioni di euro gestiti da Invitalia, che li erogherà alle aziende sotto forma di finanziamenti agevolati o a fondo perduto.

Il secondo è riguarda, invece, la possibilità di creare mascherine chirurgiche in deroga alle norme vigenti, ovvero con invio all’Istituto superiore di Sanità di un’autocertificazione sulle caratteristiche tecniche delle mascherine per una produzione agevolata previa approvazione.[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row]

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